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Abbigliamento ecosostenibile: la rivoluzione degli scarti di cibo

Le nuove frontiere dell’abbigliamento ecosostenibile cercano alleati tra gli scaffali della cucina

La fibra sostenibile 2.0 si rivolge alla Natura e recupera cibi e scarti alimentari: arance, canapa, bambù ed eucalipto.

Utilizzare abbigliamento ecosostenibile significa vestirsi utilizzando tessuti realizzati esclusivamente con fibre naturali, preferibilmente biologiche, che ci proteggono dalle dermatiti da contatto e patologie della pelle.

Il sintetico infatti limita la naturale traspirabilità della pelle e favorisce il dannoso ristagno di umidità, oltre ad essere infiammabile e ad accumulare energia elettrostatica.

Non meno importante è l’impatto negativo che esso ha sull’ecosistema: il difficile smaltimento di questi tessuti, dovuto al processo di eccessiva frammentazione, che ne ostacola il filtraggio da parte dei depuratori, costituisce un serio problema per l’inquinamento di mari e fiumi.

Ma vediamo come la tecnologia e le recenti innovazioni ci aiutano a progredire nell’abbigliamento ecosostenibile, che ci permette, inoltre, di conoscere, oltre al luogo di produzione, anche la provenienza delle materie prime impiegate nel corso della lavorazione.

scarti di arance

Scarti di arance, riciclo e naturale al 100%

Una delle ultime scoperte arriva dalla Sicilia e ha come protagonisti gli scarti delle arance. Le ideatrici sono due ragazze catanesi che hanno creato una startup, la Orange Fiber, già vincitrice di numerosi premi in tutto il mondo.  L’idea di partenza di Adriana Santanocito ed Enrica Arena è stata quella di recuperare le oltre 700.000 tonnellate annue di sottoprodotto dell’industria agrumicola siciliana per creare un tessuto naturale in grado, anche, di rilasciare sostanze vitaminiche sulla pelle.

canapaLa canapa, resistente e traspirante

Un altro curioso utilizzo di prodotti alimentari, non ancora così diffuso, è quello che vede protagonista la canapa, fibra naturale al 100%, riciclabile e coltivata con poca acqua e senza l’uso di pesticidi, molto resistente, durevole e traspirante. Morbida e piacevole sulla pelle, assorbe il sudore adattandosi  agli sbalzi climatici e, oltre ad essere anallergica, non viene attaccata da muffe, acari e tarme. Ultimo aspetto, anche questo non da sottovalutare, è lavabile in lavatrice e non serve stirarla.

Il bambù, morbido e antibatterico

Ancora più particolare è l’utilizzo della fibra di bambù che ha delle proprietà davvero interessanti. Molto resistente, più del cotone, li tessuto di fibra di bambù è inoltre altamente traspirante, ostacolando il ristagno dell’umidità e del sudore sulla pelle, e naturalmente anti-microbico. Al tatto è molto morbida, simile alla seta.  Anche da un punto di vista ambientale la pianta di bambù è molto sostenibile: cresce rapidamente, in soli 4 anni è già matura, ed è assai longeva, riuscendo a crescere in poco spazio e anche in condizioni estreme, con poca acqua. Non è necessario inoltre l’uso di pesticidi proprio in virtù delle sue proprietà antibatteriche e anche i nuovi metodi di lavorazione della fibra garantiscono l’uso di agenti ed enzimi non tossici e riutilizzabili più volte. Questo permette alla fibra di bambù di essere conforme al Certificato OekoTex Standard 100.

Eucalipto, battericida e traspirante

Come le altre fibre menzionate, anche l’eucalipto risulta una pianta efficacemente utilizzata per la produzione tessile. La parte interessata è il legno che viene condensato in una soluzione viscosa di cellulosa. La fibra di eucalipto risulta molto morbida al tatto, traspirante e antibatterica.

alberi eucaliptoTessuto schermante per combattere le onde elettromagnetiche

Importante, anche se meno naturale, ma sicuramente più tecnologico, annoverare il rivoluzionario tessuto in grado di combattere le onde elettromagnetiche. Questo tessuto schermante, contenente nickel non allergico, acciaio inossidabile, alluminio, pirite, è in grado di bloccare fino al 90% le onde radio nocive causate da collegamenti Wi-fi e da apparecchi elettronici come cellulari, tablet, pc.

La scoperta è di una casa di moda francese che ha utilizzato il processo di realizzazione degli abiti da lavoro pericolosi, in particolare di quelli esposti a radiazioni.

 

 

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Giulia Di Michele

Editor inCrescita

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